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13 Nov
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Intervista all'autore - Enrico Gandolfini

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

Nato e vissuto a Brescia, ma con il cuore al Sud. La nonna materna era di Marina di Camerota, un bellissimo paese della costa cilentana, ed io, da quando aveva un anno di età fino a ventitré anni, età in cui ho iniziato a lavorare, trascorrevo là i tre mesi estivi. I miei parenti, i miei amici, i luoghi, mi sono rimasti nel cuore e li ho descritti in tre dei miei sette libri. Studi classici, laurea in Giurisprudenza, bancario, e ora felice pensionato. Felicemente sposato, due figli maschi: il primo, 31 anni, sposato; il secondo, 26 anni, prossimo alla laurea e, speriamo, ad una vita autonoma. Non mi considero uno scrittore, nel senso professionale della parola, ma una persona che sente in sé l'urgenza del narrare, di raccontare emozioni, vite, passioni, sogni, speranze. Perché il racconto è ciò che resta di una vita e una vita esiste solo se viene raccontata. Le biblioteche, anche quelle scientifiche, altro non sono che un'infinita raccolta di racconti: un trattato di fisica e un'opera di poesia sono entrambi racconti e parlano di noi, anche se sono stati scritti centinaia di anni prima.




2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

In genere, nel tardo pomeriggio e alla sera. In casa o, durante i mesi invernali, nella sala lettura di una facoltà universitaria di Brescia che mi è particolarmente cara. Nella stagione primaverile e estiva, prendo la bicicletta, raggiungo un luogo alberato, mi siedo alla base di un pioppo e ascolto. Ascolto e scrivo.



3. Il suo autore contemporaneo preferito?

Tanti. Italiani: Erri De Luca (dall'anima calda), Alessandro Baricco (abilissimo tessitore, dalla prosa fluente e originale, ma forse un poco esterno ai propri personaggi), Margaret Mazzantini. Fra gli stranieri: Elizabeth Strout, Alice Mumro, David Grossman.



4. Perché è nata la sua opera?

La voglia di raccontare il rapporto fra un uomo e tre donne: due del recente passato e una contemporanea. Si tratta, quindi, di tre diversi rapporti e della maturazione di un uomo attraverso essi. Nel romanzo, convivono il protagonista, le tre donne, il narratore e un misterioso interlocutore, che solo alla fine si scoprirà chi è. Mi raccomando: non correte all'ultima pagina! Non mancano le sorprese e il finale è inatteso.



5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

Indubbiamente gli studi classici, liceo classico e giurisprudenza, la mia passione per il teatro e la musica classica e la letteratura. E, ovviamente, il contesto sociale di contorno.



6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Non si inventa nulla. Si inventa solo ciò che già esiste. Quando "inventiamo" una storia di vita, amori, delitti, odi, speranze, vendette, resurrezioni, ciò che "inventiamo" è già accaduto, o sta accadendo, in qualche parte del mondo. Perché parliamo di uomini e donne, perché parliamo di noi. Possono cambiare i nomi, i luoghi, le circostanze, i tempi, ma gli uomini, con i propri amori, i propri sogni, le proprie delusioni, sono sempre uguali, sotto tutte le latitudini. Del resto, "inventare" viene dal latino "invenire": trovare, ritrovare, ciò che era nascosto o dimenticato. Non si fa, forse, l'inventario di magazzino a fine anno? Scrivere, quindi, è raccontare la realtà, raccontare noi stessi. Volete una prova? Perché nei titoli di coda di un film, o di una fiction, appare la scritta "Ogni riferimento a persone o a fatti accaduti è puramente casuale"? Perché, in realtà, tutto ciò che "inventiamo" è già accaduto.



7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

Ai critici che insistentemente chiedevano a Gustave Flaubert: "Chi è Madame Bovary?”, il grande scrittore francese rispose stizzito: "Madame Bovary c'est moi!". "Madame Bovary sono io!". In ogni personaggio c'è sempre una parte dello scrittore, sia nei personaggi buoni che in quelli cattivi: le mille sfaccettature dell'animo umano.



8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?

No, nessuno in particolare.



9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

A mia moglie, psicologa. Io ho la tendenza a volare; lei mi tiene con i piedi per terra. Mi indica cosa tagliare, i pericoli dell'autocompiacimento, cosa sviluppare. Io ne tengo conto, ma non del tutto!



10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?

Per quel poco di orizzonte che possiamo vedere con i nostri, io credo che il libro e l'e-book conviveranno senza problemi. L'e-book ha il vantaggio della grande praticità. Il libro ha il grande vantaggio di poter fare le "orecchiette" sulle sue pagine.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Bellissimo. Ascoltare ad occhi chiusi una bella lettura è sempre un piacere, ma leggere è reinventare, è riscrivere, il libro. Diceva Joseph Conrad: "Lo scrittore scrive il libro per una metà; dell'altra metà deve farsi carico il lettore". Non male, vero?



 

 

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Venerdì, 13 Novembre 2015 | di @BookSprint Edizioni

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